lunedì 29 marzo 2021

Watch me follow (recensione)


Sapete, no, che sono solita pubblicare recensioni nel blog perché amo parlare di argomenti scomodi partendo da quello che un libro ha da offrirmi. Watch me follow mi ha dato un argomento scomodissimo da proporvi.

DISCLAIMER: quello che leggerete non riguarda il libro, è solo una riflessione generale sullo stalking. Se avete già letto alcune delle mie recensioni, saprete che sono solita agire in questo modo e che non voglio muovere attacchi ai libri, agli autori o alle CE.
Se volete saltare l'introduzione, passate direttamente alla recensione in cui parlo di Watch me follow.

Prendendo spunto dal libro di oggi, vorrei ricamarci su un discorso molto attuale. Un esempio molto banale (Ma non così tanto) è lo stupro. Saprete benissimo che quando la vittima sporge denuncia, esponendosi al giudizio della società le viene sempre chiesto "ma com'eri vestita?"
Per lo stalking, la domanda è l'opposto: "com'era lui?" Perché se è bello, allora la vittima è sciocca, se è brutto invece c'è da indignarsi per i comportamenti riprovevoli. Ovviamente, il discorso vale per ambo i sessi.

Ma andiamo con ordine e partiamo con la definizione di stalking.
Insieme di comportamenti persecutori ripetuti e intrusivi, come minacce, pedinamenti, molestie, telefonate o attenzioni indesiderate, tenuti da una persona nei confronti della propria vittima.
Quindi è un reato, giusto? Quindi quale messaggio può arrivare? Che va bene pedinare e invadere la privacy della vittima se lo stalker è la personificazione di un dio greco? Che se è giovane, muscoloso, con gli occhi azzurri allora è un piacere? 
Che se offre spunti gratis e regali costosi allora è buono?

Ma di che stiamo parlando? 

Se lo stalker fosse stato un cinquantenne viscido, vestito di stracci e che non si è mai fatto una doccia in vita sua? Sarebbe stato comunque amato? O lei lo avrebbe considerato un maniaco? 
E se ci fosse stato uno stupratore al posto di uno stalker, cosa avrebbe fatto lei? Non è che siccome lo stupratore è bello allora lo si può perdonare. 
Capite il mio ragionamento? Capite cosa mi fa arrabbiare? 
Si può accettare la frase "tutti vorremmo uno stalker come lui"? E allo stesso modo, si potrebbe dire "Tutti vorremmo uno stupratore bello e premuroso"? Capite il mio ragionamento?

Davvero, ho conosciuto una ragazza vittima di stalking e anche dopo anni lei aveva paura di uscire di casa. E anche dopo anni lei si guardava intorno alla ricerca del suo persecutore e si spaventava se un passante aveva una vaga somiglianza con quel tizio. Capite che, proprio per lei, io non posso e non voglio aggregarmi alla fiumana di fans che dicono "tutti vorremmo uno stalker come Ryker". Che sia bello o brutto, gentile o crudele, amichevole o spaventoso, lo stalking non è contemplato. Costituisce un reato.

Per quanto realistiche possano essere le vicende, ricordatevi che si tratta sempre di finzione e che nella realtà non è una cosa fattibile. E va bene finché resta finzione, ma se vi trovate in una situazione del genere non esitate a sporgere denuncia. 
Per quanto io abbia apprezzato il libro e il magnifico profilo psicologico descritto dall'autrice, non potrei mai amare una situazione del genere nella realtà.

E cominciando da questo presupposto, possiamo dare il via alla recensione.


Titolo: Watch me follow

Autrice: Harloe Rae

Genere: new adult

Editore: Qeen Edizioni

Pagine: 300

Prezzo: 15,90 euro (cartaceo) e 3,99 euro (ebook)

Data di pubblicazione: 25/03/2021

Trama: 
Mostro. Maniaco. Pazzo.
Ne ho sentite di tutti i colori. Nel corso degli anni, mi hanno sputato addosso qualsiasi nome degradante
esista nel dizionario. I loro insulti si insinuavano in me come un flusso di veleno costante. La rabbia ha
rimpiazzato l’ansia quando ho iniziato a credere alle crudeltà che riempivano il mio cammino.
Finché è arrivata lei, e ha cambiato tutto. Lennon Bennett è innocenza pura, luce calda del sole che
distrugge la mia esistenza tempestosa. È tutto ciò che di buono si può essere, e forse potrei esserlo
anche io. Per lei. Con lei. Grazie a lei.
Lennon non sa che con ogni suo respiro mi attira sempre più vicino a sé. Non è a conoscenza del fatto
che sono completamente consumato dal desiderio. Proteggerla è diventato il mio solo obiettivo, a ogni
costo. Ma se lei scoprisse le profondità della mia ossessione, per me sarebbe la fine. Per questo, rimango
nell’ombra. Aspettando. Guardando. Desiderando.
Lei sarà la mia prima. L’ultima. L’unica.

Biografia autrice: Harloe Rae è una ragazza del Minnesota con una forte dipendenza dal Romance, sempre alla
ricerca di un fantastico “e vissero felici e contenti”. Quando non è rinchiusa nel suo antro a
scrivere, la trovi in compagnia di suo marito e suo figlio. Se il tempo lo permette, adora stare in riva
al lago o in campagna con i suoi cavalli. In cima alle classifiche degli autori più venduti, è tra i primi
dieci della classifica di USA Today Bestselling e Amazon. La sua passione per la scrittura e la
lettura ha assunto un significato completamente nuovo. Ogni giorno è un’avventura
indimenticabile.


Nel momento in cui dovrei parlare di più, le parole mi vengono a mancare ed è una cosa che mi capita molto spesso, direi. Un po' come succede a Ryker quando incontra per le prime volte Lennon. 
Se io ho paura di non essere all'altezza delle aspettative di una CE o di un autore a cui tengo molto, il nostro protagonista ha il timore di fallire con Lennon su tutti i fronti possibili e immaginabili.

Da subito ho empatizzato con lui e sono riuscita a immergermi nei suoi panni grazie alla bravura magistrale dell'autrice nel descrivere le sensazioni, le emozioni, la sua vita. Ha creato un personaggio complesso e semplice al contempo. Ma per capire dove voglio andare a parare, dovreste conoscerlo meglio anche voi:

Ryker, sin da bambino, è stato posto dal destino di fronte a tante difficoltà e una dopo l'altra le ha superate. Iniziamo a conoscerlo come un ragazzo emarginato e di conseguenza in difficoltà a relazionarsi con gli altri. Viene sempre preso in giro e riempito di cattiverie senza che qualcuno provi mai ad andare oltre il muro che lui si è costruito per difendersi dal mondo. Queste dinamiche lo spingono a rifugiarsi nel mondo dell'hackeraggio e a diventare davvero bravo.

La linea del suo destino si intreccia a quella di Lennon nel momento in cui lei entra in classe e gli chiede una matita. Lui è totalmente rapito dalla bellezza della ragazza, tanto da difenderla da un “aggressore”. È da lì che in Ryker si fa strada il bisogno di proteggerla e di seguirla per i successivi quattro anni.

La sua storia, quindi, è semplice e già vista, ma il modo in cui l'autrice descrive il suo carattere, beh, lo rende uno dei personaggi più originali e realistici di cui abbia letto dall'inizio dell'anno.

La difficolta di Ryker nel gestire le emozioni e mostrarle agli altri mi ricorda molto la me di dodici o tredici anni che non sapeva come affrontare il mondo dopo un'infanzia davvero, davvero orribile. Forse anche questo mi ha avvicinata molto a lui e me l'ha fatto amare. Il suo sforzo lo capisco e lo apprezzo.

Di Lennon, invece, non posso dire la stessa cosa. L'ho detestata sin dal primo capitolo e nulla è cambiato nel corso del libro. Mi ha dato l'impressione di essere la classica ragazza timida inconsapevole della propria bellezza che poi sboccia in un magnifico fiore grazie al ragazzo di turno. L'ho trovata estremamente ingenua, troppo lontana da quello che sono io per cercare di capirla. Oltretutto, è incoerente, moltissimo: evita i ragazzi come la peste, ma sin da suito si butta tra le braccia di Ryker e fa grandi dichiarazioni.  L'unica cosa che le concedo è che fa stare meglio Ryker e che insieme sono davvero una bella coppia.

Sono diversi dagli altri, ma insieme formano la normalità; non hanno mai potuto vivere quello che per gli altri è la quotidianità, ma insieme possono cominciare dalle cose più semplici. Così inizia una serie di prime volte che mi ha fatto sciogliere come neve al sole.

Da azioni malsane come lo stalking si passa a una relazione pura, vera e soprattutto realistica come non ne ho mai trovate in altri romance. Questo mi ha catturata e mi ha fatto amare il libro.

C'è una cosa, però, che non ho apprezzato affatto: sembra che lo stalking sia stato aggiunto solo per rendere più interessante una comune relazione, per aggiungere quel brio che altrimenti non ci sarebbe stato. Forse, ipotizzo, l'autrice reputava poco interessante le vicende di due ragazzi normali e ha voluto aggiungere quel tocco malsano che ho trovato totalmente fuori luogo. Non che non abbia apprezzato la descrizione della mentalità dello stalking, eh, semplicemente è di troppo.

🌟🌟🌟,5 su 5🌟

Quello che abbiamo davanti è molto più di quanto abbiamo mai avuto alle spalle”

giovedì 25 marzo 2021

Il Leone e la Luna Nera (recensione)

Per ogni recensione negativa, mi tocca il doppio del lavoro per non essere al centro di una polemica. E siccome ci tengo a essere una persona corretta e professionale, ho deciso di adottare il metodo di quando interpretavo la Divina Persefone nel team Pantheidi di Wattpad. 

Proprio per la complessità della situazione, ho deciso di dividere la recensione in tre punti fondamentali: trama, personaggi e lessico e stile. Per ognuna darò un punteggio e alla fine farò la media matematica per ottenere un giudizio complessivo il più giusto possibile. Ed è qui che finisce il mio ciarlare e arriva la Dea professionale e oggettiva che alcuni di voi hanno conosciuto. 


Trama: Italia, pieno Medioevo. Qui, in un mondo di regole ingiuste e di orribili soprusi, irrompe Isabella, una giovane donna cresciuta lontano da ogni imposizione, rompendo gli schemi e conquistando il cuore del giovane barone di Terrabona, signore indiscusso di quelle terre, ormai cinico e disincantato. Sotto lo stemma della Luna Nera, attraverso orribili delitti, segreti inconfessabili, indagini nascoste, i due giovani si conosceranno e ameranno, ma dovranno affrontare più di una difficile sfida prima di coronare per sempre il loro sogno d'amore. Il destino sembra aver da sempre orchestrato perché loro si ritrovassero uno tra le braccia dell'altra, ma ci sono antichi e nuovi nemici pronti a tutto pur di separarli.

Data di pubblicazione: 1 gennaio 2012

Prezzo: 20,00 (cartaceo) e 3,63 (digitale)

Editore: Il Ciliegio 

 


Il libro si presenta davvero bene: incipit fantastico, descrizioni altrettanto stupende, ma più si va avanti e più la situazione peggiora. Superate le centocinquanta pagine, ho iniziato a non reggere più. Da lettura piacevole da affrontare davanti a una tazza di tè bollente si è trasformata in un qualcosa di snervante, fastidioso e insopportabile. Non preoccupatevi, però, ho le mie argomentazioni da sottoporvi. Mi conoscete, non sono solita fare complimenti a un autore se non li merita davvero e non sono nemmeno quel tipo di Dea che lecca il culo solo per aver ricevuto un cartaceo. Sono sempre stata sincera, sapete che prediligo la verità a qualsiasi costo e nemmeno questa volta ho intenzione di tirarmi indietro. Dopotutto, quando ci si presenta sotto il seggio dell'Ade, l'onestà deve arrivare da entrambi i lati della medaglia. 

Ho davvero apprezzato l'idea, infatti il libro poteva uscire qualcosa di veramente bello e originale con una massiccia dose di editing, peccato che non ci sia stato un editor competente a eliminare le scene di troppo e gli orrori grammaticali che ho trovato. 

Ci sono pagine che ho davvero amato leggere, tant'è che mi ci sono soffermata più volte dopo aver finito il libro. Poi arrivano le parti superflue di cui avrei voluto fare a meno e sapete perché? Ogni scena della trama è stata scritta per mettere in risalto le qualità di Isabella, la protagonista, e si nota lontano un miglio. Per esempio, la notte in cui lei e Tina escono fuori di nascosto per incontrare la famiglia della serva, o i battibecchi con Matilde, o ancora il processo in città in cui Isabella è intervenuta per difendere un ladruncolo. E ci possiamo dimenticare del torneo di arco in cui lei ha stracciato tutti i soldati della corte di Montenuovo? Capirete anche voi che è eccessivo quando l'autrice non fa altro che rimarcare quanto Isabella sia buona e ingenua a discapito di Matilde, che è invidiosa come poche altre. Tutto questo per porre un'unica domanda: cosa c'entra la magnanimità della protagonista con la parte thriller della storia? Se non è per allungare il brodo, allora non riesco a concepire un altro motivo.

(foto presa da Pinterest)

Ricapitolando, Isabella arriva a Montenuovo a seguito della morte del padre e, dopo aver salvato il conte Rodolfo, diviene sua ospite. Dall'altra parte, il barone di Terrabona, Federico, viene incaricato dall'imperatore di indagare su alcuni fatti misteriosi accaduti proprio alla corte di Rodolfo, ma gli occhi di Isabella e un gruppo di banditi sono una buona distrazione per lui. Proprio dei banditi voglio parlare: sembrano essere introdotti a forza nella trama e anche questo si nota. Più o meno viene spiegato il motivo della loro comparsa, però non come avrei voluto e soprattutto non dopo aver visto le descrizioni stratosferiche che alcune volte l'autrice ha scritto. Oltre a non incastrarsi bene con il mistero che avvolge Rodolfo, gli attacchi del gruppo e le sortite notturne di Federico fungono da distrazione sia al lettore che al barone. Al primo perché il lettore viene distratto dal principale obbiettivo della storia, cioè scoprire le origini di Isabella e capire chi ha ucciso sua madre, mentre il secondo non può concentrarsi sufficientemente per smascherare il barone. Tutto questo porta a scrivere molte pagine che io avrei tolto. 

N.B. = definite la storyline principale e attorno a essa costruite le sottotrame. È estremamente facile perdere di vista lo scopo finale, soprattutto se non schematizzate la vostra storia. 

 In questo libro, ci sono troppe informazioni che vengono dimenticate subito e che conducono lontano dalla trama. Con un giro di editing approfondito, la metà di quelle informazioni sarebbero state cancellate in modo da rendere il libro scorrevole e piacevole in tutta la sua durata. Se anche voi, che leggete questa recensione, avete il desiderio di pubblicare un libro, tenete bene a mente che non potrete mai inserire tutte le vostre ricerche, spiegazioni, dettagli e curiosità che avete trovato. Qualcosa rimarrà fuori dalla portata del lettore e va bene così. 

Ne "Il Leone e la Luna Nera" ci sono una miriade di dimostrazioni di bravura a definire meglio il personaggio. Erano necessarie? No, non credo. E se voi volete evitare di soffocare la trama, fatevi una domanda: è necessario per proseguire con la storyline?

(Immagine presa da Pinterest)


Mi sono dilungata molto e forse sono uscita fuori "traccia", ma ora proseguiamo con la recensione. Noi Dei con la nostra età non abbiamo una via di mezzo: o siamo troppo loquaci o siamo muti come tombe.

Mi preme parlare di quanto il libro possa sembrare poco verosimile e di quanto si potrebbe scambiare per un fantasy in alcuni momenti.

Prendete George Martin e la sua celebre saga Il Trono di Spade. Ci sono draghi, non-morti, metalupi, ma io potrei giurare che sembra più vero della stessa realtà che ci circonda. Potrei chiudere il libro e aspettarmi Drogon proprio fuori dalla finestra e Daenerys sopra di lui che urla "dracarys" per dare alle fiamme tutta la città in cui vivo. 

Se questo è verosimile, da un thriller storico mi sarei aspettata di fare un tuffo nel passato per conoscere meglio la società italiana del XII secolo. E da una parte è così, però c'è qualcosa a rovinare l'atmosfera misteriosa e antica: le emozioni. Mi spiego meglio, ogni singolo personaggio è in grado di captare le emozioni dei suoi interlocutori con una facilità disarmante. Sono tutti un libro aperto da questo punto di vista e tutti sono al pari di Thomas Cresswell in fatto di deduzione. Per tutta la durata della lettura sono stata lì a domandarmi "come fanno a capire le emozioni? Come fanno a sapere che Rodolfo è sempre pieno di rabbia e lussuria, che ha cattive intenzione  anche se all'apparenza non fa nulla di concreto per apparire tale? Perché Isabella vuole stargli alla larga se con lei si è sempre comportato bene?" A meno che non siano tutti Sherlock Holmes, questo mina la credibilità di ogni singolo personaggio e della trama stessa. Va bene avere delle impressioni, va bene vedere leggere dalle espressioni facciali le emozioni, ma non a questi livelli e non da parte di una protagonista che ha vissuto tutta la sua vita lontano dalle persone e che non ha mai interagito con altri se non suo padre e il suo servo. Capite ora perché dico che non è verosimile? Sembrano tutti dotati di poteri magici incredibili e a tutti viene conferita una presunzione che non è in linea con il loro carattere.

Altra cosa di cui mi preme parlare è il genere letterario. L'autrice mi ha presentato il libro come un thriller storico rosa, quindi un ibrido letterario a tutti gli effetti. Di questo argomento ne ho parlato qui, nella prima diretta del mio profilo. E sia io che Marica di Palo abbiamo concordato su una cosa: dev'esserci equilibrio tra tutti i generi che vengono scelti. 

Ne "Il Leone e la Luna Nera" la storia d'amore surclassa tutto il resto tanto da rendere il finale scontato e prevedibile, tanto da ridurre la trama a una gara tra Rodolfo e Federico a chi monta per prima la giumenta (chi vuol intendere, intenda). 


Questo genere ha come obbiettivo quello di suscitare emozioni forti (tensione, brivido, terrore...) attraverso l'uso della suspense, dell'effetto sorpresa e dei colpi di scena. Sono presenti flashback, anticipazioni, digressioni e rinvii. Il narratore è spesso interno o è il protagonista. 

Cosa capiamo da questa citazione? Che nel libro di oggi mancano davvero delle parti fondamentali. Non ci sono suspense né emozioni forti. Non c'è un mistero da scoprire che corrode il lettore a tal punto da finire l'intero libro in una notte, infatti io ci ho impiegato due mesi buoni. 

A questo punto, suggerirei all'autrice di definire il suo romanzo un rosa ad ambientazione storica con contaminazioni thriller. Saper bene il genere che si sta scrivendo è fondamentale sia per la stesura sia per la presentazione del libro stesso.

Per concludere questo punto che si è protratto fin troppo, ci tengo a dire che l'idea è davvero favolosa, ma ho dovuto "demolire" il modo in cui la trama è stata costruita. Proprio per questo motivo il mio voto non si abbassa a più di 2,5 su 5.

Grosso tasto dolente della storia a tal punto che non so come interpretare certi comportamenti. Partiamo magari con qualcosa di semplice semplice. Avete presente le persone, i vostri cari, no? Ognuno di loro ha un carattere diverso, giusto? Ci sono momenti in cui si arrabbiano, altri in cui sono felici, alcuni in cui sono innamorati o tristi. Una persona che possa essere definita tale prova tante, tantissime emozioni e spesso sono anche in contrasto tra loro. Spesso finiscono per risultare incoerenti, altre volte capita di avere di fronte un individuo austero e fermo nelle sue decisioni. 

In questo romanzo non ho trovato la varietà tipica della vita reale. Ogni personaggio rappresenta un'unica cosa e prosegue imperterrito con la sua posizione fino alla fine.

Il cavaliere Raimondo, che per essere cavaliere avrà pur dovuto combinare qualcosa, è uno stupido che si fa abbindolare dal seno di Matilde e dalle sue belle parole. Lui è la stoltezza fatta persona. 

Rodolfo è un uomo burbero costantemente arrabbiato e carico di lussuria; Matilde è l'invidiosa di turno che vuole tutto per sé; Isabella è il ritratto della bontà e ingenuità e Federico è l'eroe, colui che rasenta la perfezione e ha l'obbiettivo di sconfiggere tutti i "cattivi" per portare in salvo la principessa. In quanto eroe, si sente in diritto di schernire tutti i suoi interlocutori e modificare leggi a sua piacimento per soddisfare Isabella.

Potrei collocare ognuno di loro in un girone di Dante o dire addirittura che l'autrice ha costruito i suoi personaggi su degli archetipi per lanciare un messaggio preciso. 

Volete il mio parere personale? Isabella è insopportabile e Federico pure. I "buoni" della storia sono quelli che più ho detestato. E sapete perché? Il barone è geloso a livelli assurdi. Non vede l'ora di ingabbiare Isabella, la preda più contesa della corte, e di marchiarla a fuoco con la scritta a caratteri cubitali "MIA". Ne parla come se fosse una proprietà da acquisire per indispettire un altro acquirente. E a Isabella sta bene. E io mi chiedo come faccia lei a stare bene quando lui si dimostra così possessivo. 

L'unico personaggio che ho apprezzato pienamente è stata la madre di Federico. Marie è astuta e intraprendente, capace di tener testa a chiunque e di gestire qualunque situazione le si ponga di fronte. sarebbe capace di lottare con le unghie e con i denti per salvare ciò che ama e sa stare ai giochi politici delle corti. È un personaggio dinamico con il quale intrattenersi in conversazioni intelligenti e interessanti. Ho davvero adorato leggere le parti in cui lei era presente perché per me ha rappresentato una ventata d'aria fresca in mezzo alla moltitudine di eventi.

Il mio voto è 1,5 su 5

Tasto ancor più dolente dei personaggi è sicuramente il lessico e lo stile. Non credo di poter salvare niente e di cose da dire ne ho a sufficienza.  

➔ Siamo nel 1147, in Italia, e fin qui va bene. Forse per il tempo della storia è ok dare del "voi" nei dialoghi, poi però si intromette il "lei" e si finisce per confondersi con due formule di cortesia  che si alternano durante buona parte del libro. 

➔ Gli aggettivi dimostrativi usati vanno bene per la prima persona, io avrei rivolto la cosa in un altro modo. "Questi" → "quei"

➔ "A posta" si scrive "apposta" mentre "apposto" si scrive "a posto".

➔ Ci sono miriadi di ripetizioni degli aggettivi dimostrativi dei quei io avrei fatto a meno.

➔ I dialoghi sono sommersi di punti esclamativi. A volte il loro uso risulta incoerente, soprattutto se si afferma che il personaggio è calmo e freddo. 

➔ Ci sono tanti aggettivi messi prima del nome. Se il libro fosse stato in inglese, la cosa l'avrei accettata, ma siccome siamo in Italia la cosa risulta fastidiosa. E tra i tanti, mi preme precisare che "giovane" è presente ovunque. Davvero ovunque e riferito a qualunque personaggio. "giovane corpo" "giovane uomo" "giovane fanciulla" "giovane barone". È diventato davvero snervante a tal punto che non avrei voluto proseguire la lettura. 

1 su 5 è l'unico giudizio che posso dare.

Mi dispiace davvero tanto dover dare 2 stelle a un libro. La media matematica è di 1,6 ma davvero non me la sento. So quanto un autore ci metta anima e corpo per un libro, so quante ore ci vogliono tra ricerche e stesura per ottenere il risultato finale e so quanto possa far male un giudizio negativo. Non è una cosa che faccio a cuor leggero perché io come scrittrice non so se accetterei un 1 come voto dopo anni di lavoro e sacrifici. Non so se potrei mandare giù il boccone amare con facilità. Forse credo di no. 

Dare voti negativi non è una cosa che mi piace fare perché ho aperto il mio profilo e questo blog per creare un "posto felice" per autori, lettori e per me prima di tutto. Ma sapete che sono qui per consigliare delle letture che voi potreste amare e questa non rientra tra i consigliati. Il contenuto ce lo avete presente, sommatelo a una copertina che ha di tutto fuorché la bellezza e a un prezzo esorbitante di 20,00 euro e capirete il perché io non me la senta di mentire a voi e di farvi acquistare un prodotto che oggettivamente non possiede molte qualità se non un'idea eccezionale. 

E lo ripeto, mi dispiace tanto per i soldi spesi per questa collaborazione che ha portato a un giudizio severo, tanto severo e per l'autrice che ha pubblicato nove anni fa questo libro. 

giovedì 18 marzo 2021

Un Ago Simile (recensione)

Se fate una semplice ricerca su google, inserendo nel motore di ricerca "condizioni dei detenuti" troverete di tutto e di più. I titoli che saltano più all'occhio, però, riguardano il sovraffollamento e il suicidio. Si parla di celle minuscole che ospitano quattro o cinque persone e con lo scoppiare della pandemia questo non può essere di certo una cosa positiva. 
Si parla anche di spazi di punizione in cui non è presente nemmeno una brandina per riposarsi, o delle condizioni igieniche scarse, o ancora dell'umiliazione che i detenuti devono subire ogni giorno. Da questo ho tratto un unico pensiero: chi commette un crimine non è più un uomo, ma una bestia considerata fuori controllo e che per la maggior parte dei casi nessuno ha voglia di "addomesticare". Perché è di questo che si parla: di mostri che non meritano di essere rieducati per rientrare nella società. Si parla di un detenuto alla stregua di un fenomeno da baraccone. 
Non c'è umanità nel parlare di persone che hanno commesso un errore e che hanno bisogno di mezzi per rimediare.
Perché non si parla mai di emozioni? Perché bisogna vedere tutto esclusivamente da un punto di vista giuridico? Perché se ci sono di mezzo le emozioni, si viene coinvolti troppo. Dobbiamo essere capaci di metterci nei panni di chiunque, anche se è un detenuto. 

Un po' di tempo fa ho partecipato a un convegno in cui si trattava esattamente di questo argomento. I volontari delle carceri femminili mi hanno mostrato una raccolta di lettere scritte dalle donne in cui mettevano a nudo tutte le loro emozioni per far arrivare a persone come me un messaggio: la libertà è preziosa, ma ce ne rendiamo conto quando è troppo tardi. Le azioni quotidiane che a noi sembrano banali, a loro mancavano più di ogni altra cosa. E io ho provato a capirci qualcosa, a dispiacermi anche, ma non ci sono riuscita nemmeno un po'. In quello stesso periodo mio padre era in carcere per scontare la sua pena e con quell'incontro volevo sapere come se la cavasse dato che nessuno voleva dirmi niente. Volevo sapere se davvero i detenuti vivevano nel lusso sfrenato come si dice o se riversavano nelle stesse condizioni degli schiavi di Gleba. Volevo capire se davvero ci fosse stato un processo di riabilitazione per mio padre. Poi a un tratto è uscito e ho capito che non era cambiato niente. Non aveva capito i suoi errori né aveva cercato di scusarsi. Niente. 
Potete immaginare la mia rabbia nel sapere che è uscito dopo un anno quando io avevo passato un inferno durato dodici? Forse se mio padre fosse stato aiutato in carcere ora sarebbe una persona migliore. Nessuno ha creduto in lui o ha avuto voglia di dargli quel supporto di cui necessitava e magari un giorno tornerà a ricattare e violentare le donne che entreranno nella sua vita.

E niente, ragazzuoli, ho colto l'occasione di questa recensione per togliermi un peso che mi portavo da un po' e non riuscivo a liberarmene.
Il libro di cui vi voglio parlare tratta proprio di detenuti e dei loro diritti. È una storia che mi ha catturata sin dalla copertina. Ho letto la mail che la CE (che ringrazio per la copia digitale) mi ha inviato e ho detto "questo lo devo assolutamente leggere". Proseguendo con la lettura vera e propria ho preso a cuore questo romanzo e mi ci sono affezionata davvero tanto. Davvero, non credo di aver mai letto un romance così significativo.


Data di pubblicazione: 11 febbraio 2021

Editore: Royal Book Edizioni

Prezzo: 15,00 (cartaceo) e 2,99 (ebook)

Trama: Luigi e Marisol Porzi sono simili, ma non uguali.Nelle loro vene scorre lo stesso sangue e insieme sostengono il peso di un cognome che in quel di Colmite, il paesino in cui vivono, è garanzia di guai. Ma la vera affinità che li lega è cucita lungo le battaglie che combattono in virtù di un solo credo: la tutela dei diritti dei detenuti. Dalla cella del Gebella in cui è recluso, Luigi sceglie la via della rivendicazione; mentre sulle pagine del Gazzettino di Colmite sua nipote conduce inchieste per portare allo scoperto le malefatte del direttore dell’istituto di pena.Proprio a causa dell’ennesimo sopruso, le loro vite, prima inscindibili, si separano per sempre. A unirle ancora al di là del tempo e dello spazio, però, resta il sottile filo che gira attorno alle colpe di entrambi fino a imbastire la pelle di Marisol. E tira, si fa sentire, dal giorno del suo primo incontro con Abel, un giovane architetto finito dietro le sbarre per scontare gli errori della sua famiglia e uscito dal Gebella con la sola aspirazione di consegnare un messaggio alla nipote di Luigi Porzi. Entra nella serratura della fortezza in cui i due ragazzi hanno rinchiuso il passato e nelle loro mani diventa lo strumento con cui suturare le ferite dell’altro.Quel filo, poi, si trasforma nell’unico canale di comunicazione tra gli abitanti del penitenziario e il resto della società; e passando attraverso le crune di aghi simili tenta di rappezzare il futuro di Marisol e di Abel con il logo del sogno di Luigi: un quotidiano di informazione dal e sul carcere redatto dai detenuti.

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Il libro parte con due punti di vista: quello di Marisol e quello di Abel, rispettivamente una donna che lotta per i diritti dei detenuti e un detenuto del Gebella, il carcere di Colmite.
È ambientato in un piccolo paese italiano in cui i più anziani reputano più facile andare in carcere piuttosto che lavorare e mantenersi da soli. C'è chi di questa frase ne ha fatta una filosofia di vita, che si insinua facilmente anche nella testa di Gil, il fratello di Abel. La storia dei due fratelli è fatta di alti e bassi, tant'è che l'autrice fa un paragone biblico molto curioso: Caino che uccide Abele come Gil fa incarcerare suo fratello Abel. 
Non è sufficiente a convincervi? Aggiungetevi una donna forte, con ideali ancor più forti, che lotta per il nonno. Per gran parte della sua vita, Luigi è stato la stella polare di Marisol, anche se lui era dietro le sbarre e Marisol libera di vivere come più le piaceva. Alla morte del nonno, però, la protagonista mette in dubbio tutto: le sue passioni, le sue convinzioni, i suoi obbiettivi. Si chiude in se stessa e vive un periodo di confusione in cui smette di dedicarsi al giornalismo e passa a fare la correttrice di bozze. 
Con il suo pov, ci immergiamo nei panni di qualcuno che cerca di risorgere dalle sue ceneri e che prova a capire cosa vuole veramente dalla vita. Vuole capire se lotta per se stessa o solamente per suo nonno e vuole sapere se ne vale la pena riprendere il percorso che ha interrotto con la morte di Luigi o se deve ripiegare su un altro ambito.
Ed è anche grazie alla comparsa di Abel nella sua vita che lei riesce a tornare in carreggiata. Diciamo che si sono salvati a vicenda in un modo o nell'altro. In questo modo, l'autrice intreccia una storia fatta di battaglie contro le ingiustizie a una storia d'amore che mi ha fatto emozionare sin dai primi accenni. 
D'altronde, è impossibile non affezionarsi al ragazzo dagli occhi grigio cadetto e alla Marisol affettuosa e maldestra che alla fine sboccia in un magnifico fiore. 

Lo stile dell'autrice alleggerisce il libro che porta con sé tematiche importanti. Ho amato tantissimo le canzoni inserite nei momenti imbarazzanti in macchina e il canticchiare di Marisol. Una piccola menzione la devo fare anche per quei due personaggi fantastici di Amir e Stefano: il primo mi ha fatto morire dal ridere con la sua simpatia e l'amore verso i sinonimi, il secondo per la storia che l'ha portato in carcere. In particolare il nome di quest'ultimo ha attirato la mia attenzione e quando ho visto il contesto, l'ho associato immediatamente a Cucchi, un ragazzo la cui storia ho preso a cuore e che, se la conoscete, non è facile scordare. 

Complessivamente, troverete un libro che vi strapperà un sorriso per la sua dolcezza e le battute dei personaggi. È sì un libro riflessivo, ma è perfetto nel caso vogliate staccare un po' dalla realtà e rilassarvi. Lo consiglio a tutti? Sì, assolutamente. Credo sia un libro da leggere almeno una volta nella vita indipendentemente dal genere che voi leggete.

-♤-

Come avrete notato, non leggo molti romance perché non mi sono mai sentita rappresentata dal genere. Ho finalmente trovato una spiegazione. Non è che non mi piacciano, semplicemente per la mia maturità non mi ritrovo negli amori adolescenziali tra i banchi di scuola o nelle cose che si avvicinano ad After. Ho scoperto che prediligo una love story da un punto di vista di un adulto e che riflette la realtà.